Intervista a Teresa Cosseddu

Il viaggio, vissuto come ricerca interiore, spesso in solitaria, mettendo a nudo la parte più intima del nostro essere. Questo è forse il segreto del libro di Teresa Cosseddu, Nuorese, fotografa e escursionista; quindici anni in cammino sulle vette del Nepal, sulle Ande, in Africa, traguardi importanti come l’Acongagua e il Kilimangiaro.

La Cordigliera Blanca
La Cordigliera Blanca

Abbiamo voluto ascoltare Teresa e farci raccontare le sue esperienze, le difficoltà e le emozioni più intense che ha provato nell’affrontare la montagna, quella vera.

storieinsalita_sitoUna volontà decisa e incrollabile si annida tra le righe del libro, ma anche incertezza a volte, e paura: la montagna è dura, specie sopra i 4000. Si lotta contro la stanchezza, il freddo, contro se stessi, quando la fatica diventa troppa. Eppure alla fine del percorso la vetta riempie qualunque vuoto si avesse dentro, e tutto sembra diventare leggero.

Leggere di un viaggio raccontato in questo modo regala un senso di libertà e un desiderio di partire, è quanto abbiamo ricevuto da questo libro ed è il motivo per cui volevamo scambiare qualche parola con Teresa.


Un gruppo di portatori, una vera risorsa per chi affronta queste montagne.
Un gruppo di portatori, una vera risorsa per chi affronta queste montagne.
Teresa com’è nata la tua passione per l’escursionismo?

Dovrei risponderti che non me lo ricordo, nel senso che la passione per l’avventura in mezzo alla Natura è nata e cresce con me, è innata, appunto, naturale e spontanea. Posso dirti che ho fatto il mio primo trekking a 8 anni, con mio padre e mio fratello nella costa di Cala Gonone, che da adolescente ho frequentato gli scout e insieme abbiamo fatto molta strada sulle montagne sarde…. Poi camminare per monti e supramonti è diventata un’esigenza vitale per il mio benessere.

Quando hai maturato l’idea di affrontare queste montagne?

Se ti riferisci all’alta quota, direi che l’idea di salire su grandi Montagne è nata da un susseguirsi di eventi che niente hanno a che vedere con la montagna. A me interessavano i deserti, i grandi spazi, per cui ogni volta che potevo visitavo il nord Africa, in particolare volevo conoscere bene il Marocco e cominciai a percorrere a piedi le zone più remote del paese, quando attraversai la catena del Jbel Saghro ai margini del Sahara, la bellezza delle montagne marocchine mi ha catturato completamente! nel viaggio successivo attraversai l’Alto Atlante partendo dalla vetta più alta il Jbel Toubkal (4.127 m) lì ho toccato i miei primi 4000! Fu così che, ahimè!, conobbi l’ebrezza dell’alta quota!

Ci vuole una preparazione speciale e come ci si deve approcciare a viaggi di questo tipo?

Certo non si tratta di viaggi facili o comodi ma chi decide di farli questo già lo sa! L’approccio, la preparazione sono soggettivi, ognuno fa come meglio crede, non c’è niente di “speciale”, c’è chi dà molto rilievo alla preparazione dal punto di vista fisico per cui fa allenamenti molto intensi, mira alla prestazione sportiva e trova soddisfazione in tutto ciò, c’è chi parte senza una particolare preparazione, un po’ incoscienti ma fortunati e seguono la propria buona stella, e così via.

Per me gli sforzi devono essere commisurati all’obiettivo. Se decido di attraversare una catena montuosa o di salire su una vetta, devo avere piena consapevolezza di ciò a cui andrò incontro sotto tutti, proprio tutti, gli aspetti ponderabili. Sarà necessario studiare molto, fare molta meditazione e preparare il corpo per la fatica, le prove e i disagi che mi aspettano. Studiare, meditare, allenare il corpo. Dopodiché posso partire e abbandonarmi all’avventura con la massima leggerezza.

Vorrei aggiungere che ho imparato a vedere la preparazione fisica come un aspetto secondario, mentre in genere gli si da (e gli ho dato!) troppa importanza, mi è capitato di fare periodi di preparazione fisica esagerata, con allenamenti molto duri, ed arrivare sul posto in piena forma ma totalmente impreparata a sopportare troppi giorni di maltempo o di riposo forzato, raggiungendo livelli di isteria e intolleranza molto più alti della vetta che volevo raggiungere! Sono arrivata alla conclusione che è meglio fare attività fisica regolarmente, senza esagerare ma in modo da essere Sempre Pronti per tutte le avventure!

Quali sono state le emozioni più intense e i momenti più difficili?

La Montagna è terribile ma è anche bellissima! La Montagna è un luogo speciale, accende il fuoco dell’entusiasmo, lo stesso identico entusiasmo che hanno i bambini alle prese con il loro gioco preferito, è un fremere che mette in funzione tutti i sensi! Le emozioni sono tante e spesso si mescolano, alla fine non do un nome a ciascun battito, conservo la summa delle emozioni di una salita o di un’escursione, il retrogusto. In una salita le emozioni più intense sono quelle vissute nella tappa della vetta, che in genere è anche la più faticosa, una bella emozione è stata la vetta del kilimanjaro… E poi ci sono anche i momenti difficili, certo, a volte capisci quanto erano difficili solo dopo che ne sei fuori! mi ricordo di alcuni giorni, ma sopratutto alcune notti, sull’Aconcagua ad oltre 6000 metri in mezzo alla bufera, un momento difficile ma lo sto raccontando.

Quanto è forte il desiderio di abbandonare a quelle quote e qual’è la molla che ti fa andare avanti?

I momenti di sconforto ci sono, secondo me la reazione dipende dalle circostanze. Ci sono delle volte che nonostante la vocina che mi dice quanto sono stanca io continuo dritta fino alla fine con determinazione. dico che per affrontare una Grande Montagna devo avere un motivo per NON morire, questo motivo per me sono le persone che lascio qui e che mi aspettano, quindi quella determinazione nasce anche dal pensiero delle persone care, la famiglia, gli amici. Poi ci sono anche le volte in cui si rinuncia alla meta. Nel libro racconto ciò che mi accadde in uno dei viaggi in Nepal dove alla fine abbandonai i miei propositi e tornai indietro, fu molto doloroso, rinunciare è difficile, è pesante ma anche molto formativo. Quella che viene chiamata sconfitta in genere è una gran bella lezione.

Cosa spinge una sarda a compiere queste salite, in solitaria e soprattutto il rientro in Sardegna cosa lascia?

Non so che dirti, lo faccio e basta. Credo che chiunque lo possa fare se vuole, i limiti il più delle volte sono mentali. La solitudine può essere una condizione di privilegio, necessaria per muoversi in piena libertà. Per il resto posso dirti che so bene da dove parto e che al rientro in Sardegna le proporzioni del mondo sono diverse: guardo il Monte Corrasi e mi sembra piccolissimo, una collinetta da niente. Mentre, quando guardo il Monte Corrasi e lo vedo come un enorme massiccio calcareo che sfiora i 1400 metri allora vuol dire che è arrivato il momento di partire!

Qual’è secondo te la differenza, se ancora esiste, tra un viaggiatore e un turista?

E’ stato l’americano Paul Bowles, scrittore che gode di tutta la mia stima, a porre la domanda e la risposta che formula è legata al tempo: il turista sa quando ripartirà mentre il viaggiatore non sa neanche se ripartirà. Dovendo fare una distinzione la farei in termini di come mi relaziono con i luoghi, parlerei di empatia: sono turista quando non ho voglia di conoscere o approfondire la conoscenza di un luogo con tutto ciò che c’è, lo visito, ci sto anche bene, posso starci anni ma niente di più, un posto vale l’altro; al contrario, sono viaggiatore nel momento in cui voglio conoscere un luogo fino all’anima e posso metterci anni e posso essere viaggiatore senza muovermi da casa.

Un consiglio a chi volesse organizzare una avventura di questo tipo?

Suggerisco di iniziare con lo studiare e raccogliere informazioni sulla destinazione scelta. L’organizzazione pratica dipende dalla destinazione e dal tempo a disposizione, si tenga presente che in molte montagne la guida è obbligatoria e che per la maggior parte delle montagne è necessario ottenere i permessi statali e/o regionali. Diciamo che ci sono infinite possibilità: dal partire da soli e organizzare tutto direttamente sul posto (questo, per esempio, è facilmente fattibile in Perù o in Nepal) fino all’agenzia che offre il pacchetto cima all-inclusive dall’Italia (andate a vedere quello che succede sull’Everest!) dipende dal budget e da come vogliamo viverci il viaggio… Infine, direi che se sentiamo che un posto “ci chiama”, prima o poi bisogna rispondere a quel richiamo e andare a vedere, chissà che bello!

L’intervista è finita e vi lasciamo con l’immagine di Teresa e sullo sfondo le sue montagne

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Link consigliati:

www.teresacosseddu.com

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